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Di docce, menzogne e rivelazioni

Di Nicola Grande

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«Da una ricerca emerge che il 25% degli uomini dichiara di fare la pipì sotto la doccia. Gli altri mentono». Credo che questa fosse solo una battuta ma cela un paio di verità:

1. che la stragrande maggioranza degli persone fanno la pipì sotto la doccia e pare facciano pure bene (vedi qui e qui). E questo mi fa sentire etico.

2. che mentiamo spesso e volentieri. E questo mi fa sentire incluso.

Ora, lasciando da parte le pur importanti considerazioni sull’impatto ambientale del primo punto, mi vorrei concentrare sul secondo.

Mentire è peccato? Non dire la verità significa ingannare?
Dire il falso a una persona che è cara equivale a tradirla?

Se avete risposto sì a tutte e tre le domande, forse avete appena confermato il punto due. Forse, sia chiaro. Per spiegarmi, racconto un ricordo da bambino. Avevo uno zio molto caro, con un piccolo difetto: mi faceva – per stessa ammissione di mia madre – dei regali assurdi. Di solito erano capi di abbigliamento inverosimili che chissà dove trovava.

Avveniva così una cosa strana, anzi, davvero spiazzante per me bambino: mia madre mi ripeteva spesso, e con una certa enfasi, che non dovevo dire le bugie. Al tempo, stesso, quando lo zio arrivava con il suo regalo, mia madre si aspettava che io dicessi che lo stravagante maglione che aveva scelto per me fosse bellissimo, e che non vedevo l’ora arrivasse il freddo per poter metterlo tutti i giorni. Insomma, mia madre voleva che in quella circostanza mentissi e meglio mentivo, più era soddisfatta.

Questo ricordo mi è tornato alla mente grazie alla lettura di un libro davvero interessante: Bugiardi Nati. Perché non possiamo vivere senza mentire, scritto da Ian Leslie e pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri.

Il libro di Leslie parla di quanto l’inganno sia presente nella nostra vita, soprattutto grazie a noi stessi. La cosa sorprendente, infatti, è che siamo circondati da frottole, bugie, inganni, teorie del complotto.

Ma nessuno ci mente quanto ci mentiamo da soli.

La storia dell’effetto placebo è emblematica: un chirurgo deve operare un soldato rimasto ferito nello sbarco ad Anzio, ma non ha più morfina. Un’infermiera ci prova, inietta nel braccio del soldato una semplice soluzione salina, dicendogli appunto che è morfina. Funziona, il soldato si tranquillizza e sopporta il dolore, e funziona non solo quella volta, ma quasi tutte le altre volte che il medico e l’infermiera si trovano a corto di antidolorifico.

Leslie racconta di comunità che aspettano la fine del mondo e, quando questa non arriva, non pensano di aver sbagliato, ma trovano qualche altra spiegazione plausibile, tipo che proprio grazie alla loro fede l’entità sovrannaturale a cui sono devoti ha deciso di salvare l’intero pianeta.

Ne parla anche Robert Cialdini nel suo classico Le armi della persuasione, citando a sua volta questo, ancora più classico. Non si commetta l’errore di credere che siano persone scarsamente istruite o, addirittura, che non sanno ragionare. Sono persone a cui il cervello funziona benissimo, anzi: sono proprio i cervelli che funzionano meglio che riescono meglio ad autoingannarsi.

Provo a riflettere sulla situazione attuale, e mi rendo conto che questa propensione al raccontarsi delle frottole da soli può essere un ostacolo notevole. Può essere un potentissimo freno al cambiamento che è necessario.

Al netto delle fake news imperanti, della confusione che ancora la fa da padrona e della robusta incertezza per il futuro prossimo, una storia che qualcuno di noi potrebbe raccontarsi è che questa situazione è come un temporale estivo sulla spiaggia. Tutto sfasciato, ma una volta finita si rimettono a posto ombrelloni e lettini, si rimontano i gazebo e via come prima.

Forse per alcuni settori sarà così. Per altri è sin troppo chiaro che – purtroppo – sarà uno tsunami dal quale ci vorranno anni per risollevarsi.

Mentre son quelli in mezzo che mi preoccupano di più: quelli che vivono e lavorano in business che, passata la pandemia, subiranno comunque dei cambiamenti importanti, ma che si raccontano ancora che tutto tornerà come prima.

Per il mestiere che facciamo, abbiamo sempre lavorato sulla gestione del cambiamento, sull’aiutare le persone a vedere le cose da prospettive diverse e abbracciare con favore nuovi equilibri. L’ironia è che, anche nel mio business, che secondo me è uno di quelli destinati a subire cambiamenti permanenti da questa situazione, colgo atteggiamenti di attendismo, di “a’ da passa’ a nuttata” e torneremo in come prima.

Stavolta, forse, tocca rimboccarsi le maniche e fare un bel passo in avanti, raccontarsi una visione del futuro diversa (e non necessariamente peggiore) e agire di conseguenza.

Tornando a Leslie, mi permetto di caldeggiare la lettura al suo libro: ci aiuta a capire quanto sia importante comportarsi da persone mature, nei confronti della bugia. Senza assumere posizioni di principio, che non hanno senso, ma imparando a capire quanto sono importanti, nella nostra vita, e come si può fare per gestirle al meglio.

Per finire, in questo testo si cela una bugia. A voi decidere se cercarla o meno.

La foto in testa all’articolo è di Magda Ehlers da Pexels

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