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Diabolico lavoro da remoto

Photo by mentatdgt from Pexels

Avere qualche perplessità sullo smart working è lecito.

Jo Ellison, Fashion Editor del Financial Times, ha scritto Lavorare da remoto mi ha trasformato in un mostro, articolo pubblicato sul suo giornale il 27 febbraio 2019. «Il 99% di tutta la mia produttività – scrive Jo Ellison – inizia e finisce con un telefono. Non che io abbia fatto una singola telefonata».

«Nessuna delle persone con cui sono in contatto è vicina all’altra – continua – una è a casa, l’altra sul sedile posteriore di una macchina, un’altra accovacciata sotto una passerella. Mi sono ridotta a un mostro che abbaia istruzioni a monosillabi, tramite messaggi istantanei. Mi odio, e sono più che sicura che mi odi anche chiunque lavori con me».

Non finisce qua, Jo Ellison è un fiume in piena. Secondo lei, il fascino del lavorare a distanza è un mito costruito su una bugia: non c’è più libertà, per chi lavora a distanza, anzi, «l’ufficio assume un orizzonte infinito e le possibilità di scappare sono uguali a zero».

Ma il peggio, per la prestigiosa firma del Financial Times, è ancora un altro: «in assenza di interazione faccia a faccia, anche la più semplice iniziativa si blocca. Ogni piccola decisione richiede una corrispondenza enciclopedica».

Insomma, Jo Ellison l’ha presa un po’ male. Però va detto che nel suo pezzo non cita mai lo smart working, parla solo del lavoro a distanza sollevando  qualche perplessità – mettiamo noi l’understatement che a Ellison è appena appena sfuggito – tutto sommato comprensibile.

Se il lavorare da remoto – da casa ma anche da altri luoghi – si traduce in un lavorare sempre, dovunque e comunque, non va bene. Ma a non andare bene non è il dove sei, è il fatto che il tuo lavoro non è organizzato al meglio.

Sono le 18.00, la mia giornata lavorativa sta per finire. Arriva un’emergenza, che devo fare? Giudico in base all’emergenza, cioè se è davvero tale o se può aspettare sino al mattino seguente. Non è che se sono a casa me ne faccio carico, se sono in ufficio invece no.

Sul fatto che le comunicazioni avvengano solo per iscritto, ci sentiamo di dire questo: aziende dove le persone si parlano per email o chat da una scrivania all’altra, senza bisogno di lavorare in remoto, ne conosciamo. Magari non moltissime, ma ne conosciamo.

Il punto, a nostro parere, è capire quali informazioni possano essere veicolate in forma scritta, anche a monosillabi – non necessariamente abbaiando – e quali no. Lavorare da remoto non significa abbandonare la possibilità d’incontrare quegli altri esseri umani che sono i tuoi colleghi.

Lo smart working è una cosa interessante che porta con sé diversi cambiamenti. Lo ammettiamo, cambiamenti non tutti facilmente gestibili. Tocca imparare a sopravvivere.

D’accordo Jo? Ti vedo ancora arrabbiata… ehi, dove stai andando con quella pistola in mano?

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