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Organizzare per mestiere

Al solito, il podcast dell’intervista la trovate qua, il testo è sotto. Che poi, tutto quello che c’era da dire sull’organizzazione è già stato detto. La foto è di mentatdgt from Pexels

 

                    Le capacità organizzative sono uno strumento veramente
                    efficace per recuperare la libertà che cerchiamo

Chiara Battaglioni

Questo è il decimo episodio della serie dedicata a quelle piccole e grandi cose che al lavoro succedono. E ci stroncano. È davvero arrivato il momento di parlare con una persona seria. Per questo ho rivolto alcune domande a Chiara Battaglioni, che è una professional organizer.

Confesso che quando ho letto il suo blog, mi sono chiesto se ci si può davvero fidare, di Chiara. Nella pagina in cui si presenta, Chiara scrive: «se vuoi conoscermi meglio, possiamo prendere una tazza di tè, perché io il caffè non lo bevo». Chi non beve caffè, a mio avviso, ha qualcosa da nascondere. Ed ecco quindi la prima domanda che le rivolgo: Chiara, sei inglese? E come hai votato sulla Brexit?

È che non mi piace proprio il sapore, del caffè. E visto che anche a me capita spesso di dire ‘non ce la posso fare’, ho scoperto che in questi momenti il tè mi funziona da ricarica.

Chiara si occupa di organizzazione. Essere organizzati è una cosa difficilissima, una cosa di fronte alla quale, davvero, ci viene da dire «non ce la posso fare!». Chiara, invece, sostiene il contrario, al punto che, dell’aiutare gli altri a organizzarsi meglio sul lavoro ne ha fatto una professione. La domanda scontata che devo farti, Chiara, è dunque questa: cos’è un professional organizer? Ma siccome è scontata, non te la faccio, e rimando chi volesse saperlo al tuo sito. Piuttosto ti chiedo di spiegare l’ossimoro che ho citato in testa a questo post: essere organizzati significa seguire un’agenda, avere impegni, scadenze e vincoli vari. Come può tutto ciò essere compatibile con la libertà?

È vero, molto spesso l’organizzazione viene associata all’idea della gabbia, della struttura super rigida all’interno della quale piazzare tutte le attività, così da fare le cose con un ordine preciso. E di certo non aiuta il mito che sta nascendo in questi giorni, legato a Marie Kondo, la signora giapponese che va nelle case e riordina tutto in maniera perfetta e impeccabile. Il mio modo di vedere l’organizzazione è un po’ diverso. Credo che l’organizzazione sia uno strumento che possiamo – e sottolineo possiamo, non dobbiamo – utilizzare per prendere delle decisioni più consapevoli. Per esempio, se io imparo a riconoscere da un lato le cose che mi fanno perdere tempo, dall’altro quelle che hanno più valore per me, allora sarò in grado di usare l’agenda – che in effetti è uno strumento organizzativo – per fare quello che per me è più importante e nell’ordine che io stabilisco. In questo senso io associo organizzazione e libertà, perché l’organizzazione mi permette di scegliere.

La professoressa con cui mi sono laureato, sul muro dietro la sua sedia aveva questo cartello: una scrivania ordinata è il frutto di una persona noiosa. Se aveva questo cartello ti puoi immaginare che caos primordiale aveva sulla sua scrivania. E devo però confermare che non era affatto noiosa. Ordine uguale noia: puoi sfatare questo detto della saggezza popolare?

Non te lo sfato, te lo lascio. Perché in realtà esiste un’altra equazione: organizzazione non è ordine. Spesso i due termini si sovrappongono e, a volte, fare ordine fa parte degli aspetti organizzativi anche del lavoro di un professional organizer. Ma organizzazione e ordine sono due cose diverse.

Ti faccio un esempio concreto. Pensa alla tua libreria. I modi con cui puoi posizionare i libri sugli scaffali sono moltissimi. Potresti usare un criterio cromatico, mettendo vicini tutti i libri con la copertina color arancione, poi i rossi e via così. In questo modo l’effetto estetico è bellissimo e vedi una struttura perfettamente ordinata. Ma è poco funzionale e non so se ti aiuta a trovare il libro che stai cercando. Ecco, questo è ordine.

L’organizzazione è un’altra cosa. A livello estetico può essere un po’ imperfetta, però funziona per te. Se in uno scaffale metti tutti i classici, quando cerchi Il Conte di Montecristo sai dove mettere le mani.

In una delle innumerevoli interviste che hai rilasciato in giro per il mondo, Chiara, spieghi che un momento importante, per te, è stato quando hai imparato a piegare le magliette. Per carità, Chiara, va bene però, dai… le magliette sono abbastanza facile. La domanda è: sai piegare una camicia? Ma aspetta, non una camicia normale, quella con i doppi polsini, quella da gemelli, insomma.

Non ricordavo quest’intervista, ma sì, confermo: anche questo ha fatto parte della mia formazione come professional organizer, prima di specializzarmi in ambito lavoro. Ma la risposta alla tua domanda è sì, so cosa fare con una camicia: una camicia non si piega. Sì, d’accordo, quando vai in viaggio lo devi fare, ma devi ridurre il più possibile il numero di pieghe. Diversamente la camicia non si piega, meno che mai a pacchetto, e ancora meglio se la metti poi in una gruccia ricoperta con il vellutino, che così non scivolano giù le spalle. 

No, io quelle le detesto, che m’imbroglio e stropiccio tutto. Con i tuoi clienti, tu lavori su tre dimensioni: tempo, spazio ed energia. Ci spieghi quest’approccio tridimensionale?

C’è anche una quarta dimensione, il denaro. Queste quattro dimensioni sono, in realtà, le nostre risorse limitate per eccellenza. Le ore al giorno sono 24, non di più; siamo sempre più abituati a vivere in case e uffici con spazi via via più ridotti; le energie fisiche e mentali che sono importantissime nel lavoro di tutti i giorni. Imparare a gestire queste risorse ci permette, tra l’altro, di scegliere le attività giuste da fare nei momenti di energia massima. Nelle mie consulenze individuali lavoro proprio su questi aspetti.

Chiara, tu hai anche un podcast, Work Better. Domanda: ma se devo leggere i tuoi blog, seguirti sui social e ora ascoltarti anche in podcast, dove lo trovo il tempo per organizzarmi meglio sul lavoro? Vabè, seriamente: come va il tuo podcast e perché l’hai avviato?

Mi fa molto piacere parlare di Work Better, che è stato il mio esperimento del 2018. Ho iniziato la mia attività, come professional organizer, alla fine del 2015. Nei primi mesi del 2016 ho cominciato a tenere un blog, in cui scrivo di organizzazione, produttività, le tematiche del mio lavoro, insomma. Ho scritto un post alla settimana, dedicato agli strumenti organizzativi, alla gestione del tempo, alla produttività.

Per due anni il blog mi ha dato grandi soddisfazioni e mi ha permesso di raccontare anche il dietro le quinte della mia professione. Quella di professional organizer è una figura in evoluzione, soprattutto qui in Italia e ancora poco conosciuta. Il blog era il canale per raccontare cosa facevo di lavoro.

Nel 2018 mi è capitato di essere intervistata a un programma podcast. Durante questa intervista sono quasi svenuta, a causa della difficoltà di dover gestire il rapporto con il microfono. E così mi sono detta «caspita, il podcast mi porta davvero fuori dalla mia comfort zone» e così ho deciso di provare. Già che faccio una professione così originale, proviamo anche con un podcast.

Senza nessuna pretesa, la prima stagione, di undici puntate, l’ho dedicata ai primi anni del freelance, quindi ai liberi professionisti, perché io mi rivolgo prevalentemente a loro e alle attività che si incontrano nei primi anni di attività.

La seconda stagione, che sto preparando adesso, si rivolgerà sempre ai liberi professionisti e tratterà tematiche organizzative e non solo.  Mi sto divertendo molto, a fare il podcast, e anche per questo di ringrazio di avermi invitata a questa puntata di Non ce la posso fare!

Grazie a te, Chiara. Chi vuole beneficiare della competenza di Chiara può andare sul suo blog o al suo podcast. Prossima settimana, prossimo post di Non ce la posso fare. Su cosa, onestamente non so: non sono abbastanza organizzato da saperlo già adesso… com’è, già, l’indirizzo del sito di Chiara?

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