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La testa sulla Luna

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È la settimana della Luna! Anche noi di SPELL abbiamo qualcosa da dire sul cinquantesimo anniversario della prima passeggiata di un essere umano sul nostro satellite, che cade il 20 luglio 2019.

La Luna come noto, ha ispirato innumerevoli composizioni artistiche, dal «Che fai tu, Luna, in ciel, dimmi che fai, silenziosa Luna?» di Giacomo  Leopardi al «E guardo il mondo da un’oblò, mi annoio un po’» di Gianni Togni. Vero: la nostra cultura ha molte sfaccettature, ma non è solo per questo che siamo così interessati alla Luna. È che le missioni spaziali verso il nostro satellite hanno fornito spunti e aneddoti a generazioni e generazioni di consulenti e formatori.

Il 25 maggio 1961, John Fitzgerald Kennedy annuncia al Congresso Americano la decisione di portare, entro la fine degli anni Sessanta, un astronauta americano sulla Luna. Uno dei massimi esempi della visione che deve avere un leader, del coraggio che deve avere un leader, delle botte di fortuna che aiutano i leader, perché poteva pure andare storta, tutta la faccenda (anche se Kennedy, personalmente, non può certo esser definito un leader ‘fortunato’).

Come noto, la missione sulla Luna non è stata solo quella del luglio 1969. Ve ne sono state diverse altre, tra cui la Apollo 13, resa famosa dalla frase  «Houston, we’ve had a problem». Chi, meglio dei tre astronauti che si sono trovati a dover affrontare il viaggio di ritorno con il LEM, la navicella destinata a portare solo due persone per un ridotto lasso di tempo, è miglior testimonial del problem solving?

E poi c’è un aneddoto – parecchio inflazionato, a dire il vero – che coinvolge di nuovo John Fitzgerald Kennedy ma, questa volta, nel ruolo di attore non protagonista. Un giorno, il presidente si reca alla NASA, l’agenzia aerospaziale a cui è affidato il compito di concretizzare la conquista della Luna. Kennedy visita laboratori, parla con tecnici e dirigenti, stringe mani e scambia battute con diversi lavoratori dalle varie mansioni. Tra questi c’è un signore a cui il presidente chiede di cosa si occupi, lì alla NASA, e lui risponde «mando l’uomo sulla Luna». Eppure, il suo lavoro consiste nel pulire i pavimenti:  se qualcuno ha in mente un esempio migliore di motivazione, del fare squadra, che lo dica, accipicchia!

Venisse poi fuori che si tratta di un aneddoto inventato di sana pianta, poco male, perché secondo alcuni è tutta la faccenda dell’essere andati sulla Luna a essere stata inventata. Secondo costoro, centinaia di migliaia di persone sarebbero state coinvolte nel mettere in piedi una fandonia colossale, con cui hanno infinocchiato tutta la comunità scientifica prima e il resto del mondo dopo, inclusi i rivali nella corsa alla spazio, vale a dire l’URSS. Una teoria della cospirazione che resiste ancora oggi e, lo dobbiamo ammettere, chi l’ha messa in piedi e ancora la mantiene viva dimostra una creatività notevole (certo, se si tratta di persone che davvero non credono che qualcuno sia mai andato sulla Luna. Se invece ci credono ma hanno capito che negarlo è un modo per avere notorietà, beh, allora sono un po’ truffaldine. Creative, ma truffaldine).

Di tutte le teorie negazioniste, la nostra preferita tira in ballo Stanley Kubrick, che avrebbe girato personalmente i falsi filmati della prima missione sulla Luna, salvo poi pentirsene. Ma certo non poteva dirlo in pubblico, che era tutta una montatura, perché l’avrebbero fatto fuori e allora ha riempito Shining di chiarissimi indizi con cui confessava il suo ruolo nella grande truffa.

Ma a noi hanno colpito anche le storie degli uomini che a passeggiare sulla luna ci sono andati. Sul primo uomo, Neil Armstrong, tanto è stato detto e non abbiamo molto da aggiungere. Il nostro preferito è forse chi ha partecipato alla prima missione, ma è rimasto a girare intorno al satellite, vale a dire Michael Collins. Ci piace soprattutto il comportamento che ha tenuto dopo la missione. Tra i vari astronauti che hanno partecipato alle missioni Apollo è forse quello che ha manifestato più equilibrio, maggiore capacità di distacco e di vivere una vita tranquilla. A chi gli chiede se non gli spiace essere rimasto in orbita mentre i due suoi compagni di viaggio saltellavano sulla Luna, risponde che lui non pensava a loro, ma a tutti gli altri colleghi che, pur essendo bravi quanto e più di lui, non avevano avuto la fortuna e l’onore di prendere parte alla prima, storica missione di conquista della Luna.

E che dire di Buzz Aldrin, che i piedi sulla Luna li ha messi, sì, e pure durante la prima missione, ma per secondo, dopo Armstrong. Sino a un certo momento, durante la preparazione dell’avventura, Aldrin era convinto che sarebbe stato lui, il primo uomo sul satellite, e quando le cose sono andate diversamente l’ha presa malissimo. La sua vita, una volta tornato sulla terra, è stata piuttosto tormentata e lui, in qualche occasione, ha detto che le cose gli sarebbero andate diversamente – leggesi ‘meglio’ – se fosse sceso per primo al posto di Armstrong, cosa a cui appunto riteneva di aver diritto.

In ogni caso, a quella missione e al suo ruolo avuto in essa, Buzz Aldrin ci tiene moltissimo. Quando nel settembre del 2002, fu importunato da un noto negazionista della missione sulla Luna, Aldrin sulle prime rimase tranquillo. Ma dopo che il molestatore lo definì bugiardo e codardo Aldrin, settantaduenne, gli tirò un cazzottone. Stigmatizziamo la violenza, certo. Lo spirito del leader disposto a difendere con il proprio corpo il progetto a cui ha dato tanto, però, ci sentiamo di condividerlo.

Buona settimana della Luna a tutti!

 

 

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