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Ingenuità o paranoia?

Photo by Elti Meshau from Pexels

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Ne Il dilemma dello sconosciuto, libro di Malcolm Gladwell del 2019 (UTET l’ha pubblicato in Italia nel 2020), c’è una constatazione di fondo: in generale, degli sconosciuti ci fidiamo. Certo, soprattutto in determinati momenti storici si genera una gran diffidenza verso gruppi sociali, politici o etnici (una diffidenza che spesso porta a tragedie enormi, si pensi ai genocidi del Novecento).

Ma pensiamo alla nostra esperienza quotidiana: mentre passeggiamo per la strada non ci viene da pensare che uno degli autisti che ci scorrono a fianco punterà il muso della sua auto verso di noi, proprio per ucciderci. Mentre siamo in coda alla cassa del supermercato non pensiamo che quello dietro di noi sta provando a sfilarci il portafoglio. E una volta arrivati alla cassa possiamo mettere in conto un errore di conteggio, ma non che chi ci dice cosa dobbiamo pagare intenzionalmente cerchi di spillarci più soldi del dovuto.

Gladwell chiama questa nostra fiducia – o ingenuità, a seconda dei punti di vista – la «presunzione d’onestà», che ci consente di vivere interagendo con tanti sconosciuti senza diventare paranoici.

Coincidenza vuole che mentre leggevo questo libro sia morto Bernie Madoff, a cui Gladwell dedica parecchie pagine. Madoff è stato uno dei più grandi, forse il più grande, truffatore della storia. Chi è stato il primo e per lungo tempo l’unico a smascherarlo? Tal Harry Markopolos, che si è rifiutato di applicare a Madoff la presunzione d’onestà.

Il problema è che Markopolos non ha negato la presunzione d’onestà solo a Madoff. Markopolos non la riconosce quasi a nessuno e la sua vita, di conseguenza, non è particolarmente serena.

Gladwell esamina diversi altri casi, alcuni storici, come quello di Chamberlain, primo ministro inglese, che se ne va a incontrare Hitler al fine di scongiurare un conflitto. Poi racconta di Ana Montes, spia cubana che riesce a scalare i vertici della CIA. In entrambi i casi la presunzione d’onestà ha generato dei guai: Chamberlain torna a Londra convinto dell’onestà di Hitler, quando dice che non vuole scatenare un conflitto su vasta scala. I dirigenti della CIA presuppongono che Ana Montes facesse il proprio lavoro con onestà.

D’altra parte, cancellare la presunzione di onestà ha un costo notevole, e non solo perché si potrebbe diventare paranoici. Gladwell analizza il caso ben noto, a noi italiani, di Amanda Knox, accusata dell’omicidio della sua compagna di stanza a Perugia, nel 2007 (qui c’è il riepilogo su Wikipedia, per chi non la ricorda in dettaglio). In primo grado Knox è stata condannata, in cassazione è stata poi assolta. Amanda Knox è stata condannata per via del suo comportamento ritenuto bizzarro dagli inquirenti. Non c’è mai stata una prova forte, a suo carico.

Insomma, se riconosciamo la presunzione d’innocenza rischiamo di farci fregare dai Madoff di turno. Se non la riconosciamo rischiamo di diventare paranoici e danneggiare persone innocenti.

Come se ne esce?

Beh, se il titolo del libro è Il dilemma dello sconosciuto, dove l’enfasi va sulla parola ‘dilemma’, un motivo ci sarà. Gladwell non offre una ricetta, ma a me viene in mente che occorra mescolare buon senso, ragione ed esperienza, nonché imparare a sospendere il giudizio sia nel bene sia nel male, almeno in alcuni casi.

Ma soprattutto, credo che dobbiamo accettare il fatto che i rischi siano inevitabili, quando ci rapportiamo con degli sconosciuti. Ridurli a zero è impossibile e cercare di farlo può generare più danni che benefici.

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