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Imparare ad ascoltare

«Le scuole secondarie e le università propongono gruppi di discussione e corsi di retorica e persuasione e raramente, per non dire mai, offrono corsi o attività che insegnino ad ascoltare»
Kate Murphy

 

Ho più di cinquant’anni e non so ascoltare. È arrivato il momento di imparare a farlo.

Questo è il sentimento che provo dopo aver letto L’arte di imparare ad ascoltare. Che cosa ti perdi se non ascolti e perché è importante. Il volume è uscito nel 2019 con il titolo You’re not listening (il sottotitolo è lo stesso) e all’inizio del 2021 Corbaccio l’ha meritoriamente tradotto, inserendolo nella collana «I libri del benessere», dove ci sono titoli come Il piccolo orto in casa, Scolpisci il tuo corpo con il pilates e Natale senza affanno.

Non voglio essere spocchioso: questi saranno senz’altro ottimi libri ma mi sembrano molto centrati sulla dimensione individuale, sul cercare di stare bene come singoli (il che è un’ottima partenza, sia chiaro). Il libro di Kate Murphy, invece, parla prima di tutto della nostra società e va alla radice di tante questioni fondamentali per la convivenza nel nostro tempo.

Certamente leggendolo ho riflettuto molto su come io, personalmente, pratico l’ascolto (cioè male). Mi ha fatto ragionare sulle mille occasioni in cui, quando ascolto qualcuno con cui sto discutendo, la mia unica preoccupazione è quella di trovare argomenti per sostenere quel che voglio dire. Oppure a quelle in cui ascolto con attenzione, sì, ma solo per identificare un buon aggancio a quello che voglio poi dire io o, peggio, per scovare falle nel ragionamento di chi parla.

Ancora, mi ha fatto pensare alle volte che ascolto solo per trovare conferma di ciò di cui sono convinto.

Non credo che sia un problema solo mio, sia chiaro. Pensiamo che la pandemia sia presa troppo sul serio? Andiamo a cercare la persona più o meno autorevole secondo cui con tutte queste chiusure ora stiamo esagerando. Pensiamo che la pandemia sia presa troppo alla leggera? Andiamo a cercare la persona più o meno autorevole che invoca mesi e mesi di clausura.

È un atteggiamento insensato, perché siamo di fronte a una situazione dove l’incertezza regna sovrana: gli schieramenti a priori sono impossibili. Piuttosto dovremmo predisporci all’ascolto con grande pazienza, accettando che ci sono tante cose davvero difficili da capire e inquadrare, in questa sgangherata situazione.

Kate Murphy mi ha fatto riflettere sulle tante volte che ascolto poco una persona cara, non per cattiva volontà ma perché, trattandosi di una persona che conosco molto bene, so già quello che vuole dire. Salvo che è un credere di sapere già: le persone cambiano, lo fanno in continuazione e ipotizzare che mia moglie, mia sorella, mio fratello, mia madre non mutino posizione su una serie di cose, è insensato (per non parlare di mio figlio, che ogni giorno scopre nuovi pezzi di mondo).

Kate Murphy è una giornalista texana dai molteplici interessi, anche se si occupa prevalentemente di scienza. Il suo mestiere la porta ad ascoltare molto e a riflettere su come le persone ascoltano. Nel libro parla delle sue interviste a un agente della CIA, a una mitica conduttrice di focus group, a studiosi della psiche e di scienze sociali. Ne viene fuori un libro che ho trovato denso e al tempo stesso piacevole e facile da leggere.

Ascoltare e imparare ad ascoltare mi pare sia invece piuttosto difficile, per mille ragioni. Una delle più forti è la tendenza a schierarsi su tutto.

Sentiamo qualcuno dire qualcosa e il primo impulso è quello di decidere se siamo d’accordo o no, anziché cercare di capire bene quello che dice e perché lo dice.

Se poi qualcuno dice qualcosa che ci dà fastidio – parlo per me – la spinta a controbattere sembra inarrestabile.

Ma vale la pena imparare a resistere. Non perché così si arriva a essere d’accordo con una persona che dice che i femminicidi non esistono e sono tutta una montatura femminista – esempio di un’argomentazione che mi capita di sentire spesso di questi tempi – o perché un’affermazione del genere ci possa sembrare più tollerabile (non lo è e non lo deve essere). Ma vale la pena imparare ad ascoltare per capire come mai questa persona è arrivata a dire una cosa del genere e dobbiamo farlo rifiutando la spiegazione che va per la maggiore e cioè quella secondo cui la persona in questione è ignorante.

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È una spiegazione che ha un sottotitolo: chi dice certe cose è ignorante, io che non le dico non sono ignorante. È una spiegazione rassicurante, insomma, ma è falsa. Bisogna imparare ad ascoltare, per fare un passo avanti, e non è assolutamente facile.

Naomi Henderson è una figura mitologica, nella conduzione dei focus group. «Nell’ambito della ricerca qualitativa, la sua fama è pari a quelle di Beyoncé, Rihanna, Cher o Madonna». Naomi Henderson è nata negli anni Quaranta in Louisiana e, per via del lavoro del padre – che è stato il primo pilota di elicotteri afroamericano negli USA – cambiò quattordici scuole elementari. Nella scuola media in cui andò era una dei sette studenti afroamericani. Lei dice che, per adattarsi a queste situazioni che cambiavano velocemente, e appartenendo inoltre a una minoranza, dovette imparare a stabilire buone relazioni e ad ascoltare e valutare gli altri molto rapidamente.

In effetti, credo che imparare ad ascoltare sia un po’ come imparare una nuova lingua, cosa facile se sei un bambino, ostica se sei adulto. A qualsiasi età, però, può essere importante imparare una nuova lingua, per aprire la propria testa. Ed esattamente come imparare una nuova lingua, imparare ad ascoltare – a qualsiasi età – può essere anche divertente.

Photo by Andrea Piacquadio from Pexels

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