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I capi, questo problema lo conoscono benissimo. Come valutare il lavoro dei collaboratori? La letteratura, come noto, è vasta. Il management by objectives è conosciuto in tutto il mondo come la prassi di valutare quanto sono stati raggiunti gli obiettivi fissati. Naturalmente, cruciale è la scelta degli obiettivi stessi, che devono essere SMART, cioè specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e con una chiara tempistica assegnata.
Vi sono poi i cosiddetti KPI, vale a dire i Key Performance Indicators (e anche in questo caso facciamo i raffinati rimandando a una pagina dell’università di Harvard per approfondimenti). Sono indicatori che dicono con chiarezza cosa ci si aspetta dai lavoratori (e in che tempi).
Da qualche tempo si è inoltre diffusa la ‘valutazione tra pari’. È una prassi diffusa nel mondo della ricerca, dove viene chiamata, appunto, ‘peer review‘. Prima di pubblicare un articolo, le riviste scientifiche chiedono ad affermati ricercatori di dare un giudizio su quanto si accingono a mandare in stampa. È un sistema di valutazione talmente raffinato che, ormai, ciò che non viene pubblicato seguendo questa prassi, non viene considerato scientificamente attendibile.
Anche nei lavori diversi della ricerca, sottoporsi alla valutazione dei colleghi è una buona cosa. Chi, come noi, va spesso in aula, trova utile avere un collega che, talvolta, s’infila in mezzo ai corsisti e dà il proprio parere su come vanno le cose.
Dal mondo della ricerca scientifica arriva un altro interessante meccanismo di valutazione: le citazioni. Quante volte la ricerca X pubblicata dalla rivista Y viene citata in altri articoli scientifici? Un elevato numero di citazioni ci fa pensare che l’articolo X sia parecchio valido. Nel mondo del lavoro non universitario o comunque non di ricerca, il corrispettivo potrebbe essere tenere conto di quanto il compito portato a termine da un collaboratore faccia parlare (bene, naturalmente).
Ma è un parallelismo ancora troppo grezzo, che è meglio raffinare. Senza fretta, però, perché, putroppo, questo metodo di valutazione sta andando un po’ in ribasso, a causa di una brutta abitudine: quella di autocitarsi, come raccontato da questo articolo de Il Sole 24 Ore.
Davvero una pratica spiacevole, contraria allo spirito che ha portato l’umanità sulla Luna. Ed è una brutta pratica che va sradicata, non serve far finta di nulla. Perché solo affrontando i problemi possiamo perseguire la felicità a cui abbiamo diritto, felicità che si consegue facendo attenzione al rapporto che abbiamo con gli obiettivi.
(Uhm: mentre stavamo scrivendo questo post, quattro articoli del nostro blog hanno ottenuto una citazione. Devono essere proprio buoni articoli).
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