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Obiezione

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Quando i figli raggiungono l’età dell’adolescenza, di solito per i genitori inizia un periodo piuttosto complesso (anche per i figli, eh?). Le questioni da affrontare sono le più diverse, in parte uguali per tutti, in parte funzione di altre cose, come il sesso dei figli in questione. Una mia amica, tra i vari nodi da sciogliere con le sue figlie appena entrate in questa interessante e vivace fase della vita, mi ha detto che c’era anche quello del trucco.

Le ragazze, di lì a poco, avrebbero cominciato a mettersi cose in faccia. E la mia amica voleva che non esagerassero, che non facessero cose brutte o malamente vistose. Ma poi ha pensato che avrebbe potuto fare ancora di più: avrebbe potuto evitare che si mettessero qualsiasi trucco. Proibendoglielo? No, la mia amica è un’amica geniale – direbbe Elena Ferrante – e ha fatto il contrario. Ha regalato alle figlie una gran batteria di trucchi di ogni tipo, esortandole con decisione a usarli. Ma, incarnando il miglior spirito adolescenziale di assoluta opposizione alle richieste dei genitori, le ragazze hanno  evitato di truccarsi, almeno per alcuni anni.

Non mi sento di dire che questa cosa possa funzionare sempre, e neppure credo che il campo di applicazione di questa tecnica sia molto vasto: insomma, non darei 500 euro a un figlio adolescente pensando che così non mi chiederà più un soldo per chissà quanto tempo.

Quello che è interessante, a mio avviso, è che questa storia ci insegna quanto sia forte il potere dell’obiezione: ci viene voglia di fare o non fare una cosa rispettivamente perché ci è stato proibito di farla o ci è stato chiesto di farla. Ed è un meccanismo che non funziona solo con i giovani. Funziona anche con noi che siamo più grandicelli.

Pensiamo all’ispettore Callaghan, reso immortale dalla straordinaria interpretazione di Clint Eastwood. E al commissario Montalbano, nato dalla penna di Andrea Camilleri e poi arrivato al grande successo televisivo. O, ancora, pensiamo a Jack Bauer, protagonista di 24, una serie televisiva in cui combatte il terrorismo nelle sue forme più letali.

Cos’hanno in comune, questi tre personaggi? A parte che combattono i cattivi, intendo. Sì, proprio quello. Il fatto che, di tanto in tanto, tengono comportamenti non esattamente opportuni, per dei pubblici ufficiali. In altre parole, se ne sbattono delle regole, e fanno un po’ il cavolo che gli pare.

Ed è anche per questo, ammettiamolo, che ci piacciono. Perché con il loro comportamento dimostrano che i grandi personaggi sanno quando è ora di mettere le regole da parte. E noi lo apprezziamo perché, in generale, gli obblighi ci danno fastidio.

Questo è il fattore ‘obiezione’, altro ostacolo da affrontare, sulla strada della sicurezza. Come salta fuori una regola, la nostra mente s’industria sul modo con cui girarvi intorno. In passato pensavo che fosse una roba tutta italiana, ma poi ho capito che non è così. Cioè, si crede che le regole, sì, le regole sono importanti… e però… le regole rischiano di soffocare la creatività, l’iniziativa personale, lo spirito d’avventura. Le regole sono noiose.

Lo stesso concetto di burocrazia, a pensarci bene, nasce con intenti nobili: l’apparato burocratico è quella cosa che fa sì che tutti rispettino le leggi, le regole, che non ci siano privilegi ingiustificati e trattamenti di favore. Però, oggi, non è che quando uno dice ‘burocrazia’ pensiamo a una cosa bella, a una forma di tutela di noi individui. Ma mica solo in Italia, eh?

Insomma, il solo sentirmi dire che devo indossare l’elmetto protettivo, mi fa venire voglia di toglierlo. Se devo mettere dei guanti, mi sembrano troppo stretti, e non riesco a muovere le dita. Oppure mi sembrano troppo larghi, e li perdo e non riesco ad afferrare niente. Persino la richiesta di «rimuovere in sicurezza la chiavetta USB dal computer» ci dà fastidio.

È che ci scatta proprio qualcosa qui nella in testa. Se io dico: «Nessuno di voi potrà andare in bagno nelle prossime due ore!» è molto probabile che venga voglia di andarci anche a chi – se io non avessi detto niente – non ci sarebbe andato per ben più di un paio d’ore.

L’obiezione, dunque, è è l’ultimo dei cinque fattori che abbiamo analizzato nel ragionare sulla sicurezza. Abbiamo così imparatro la regola dell’ASINO, dove A sta per attenzione selettiva, S sta per statistica a uso personale, I sta per illusione del controllo, N per negazione e O, appunto, per obiezione.

E direi che possiamo fermarci qui. Anche perché dovrei andare in bagno.

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