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Esploratori e delegati

S’usa dire che un formatore, con i propri clienti, deve assolutamente evitare di parlare di politica.

E chi ce la fa? La politica è una vera e propria miniera, impossibile starne fuori.

In questi giorni di metà aprile, il presidente della Repubblica ha conferito alla presidente del Senato un incarico esplorativo. Una scelta che assomiglia tanto a una cosa che si fa spesso, in contesto lavorativo: l’assegnazione di una delega.

Pratica, questa, fonte di gioie e dolori, in ambito lavorativo (e, forse, anche in ambito politico). Nella delega entrano almeno due elementi: l’autonomia e il mandato.

I dialoghi che seguono sono fittizi, inventati. Insomma, qui faccio un po’ come i giornali, che infilano tra virgolette non le citazioni precise – come si dovrebbe fare – ma un’arbitraria sintesi della situazione (a chi interessa, qui c’è un recente articolo che critica i virgolettati a caso).

Però io lo dichiaro: ribadisco che le parole seguenti, attribuite alle due prime cariche dello Stato, sono frutto di fantasia. Per un resoconto più affidabile, meglio andare a questa fonte giornalistica, dove confido che i virgolettati siano letterali.

Caso 1

Presidente Mattarella (PM): «Gentile presidente Casellati, che le devo dire? Veda un po’ con chi riesce a parlare e cosa le dicono».
Presidente Casellati (PC): «Bene, presidente Mattarella, e poi?»
PM: «Niente. Si limiti ad ascoltare, poi torna da me e mi racconta. Cosa vuole, la situazione è questa qua…»

Caso 2

PM: «Gentile presidente Casellati, le chiederei di colloquiare con il Movimento 5 Stelle e i partiti della coalizione di Centro Destra: li esorti a formare un governo».
PC: «D’accordo, presidente Mattarella. Se avanzano richieste e condizioni, posso valutarle io?»
PM: «Non esiste proprio. Le devo valutare io».

Caso 3

PM: «Gentile presidente Casellati, per favore, incontri il Movimento 5 Stelle e la coalizione di Centro Destra. Li spinga a formare un governo».
PC: «Bene, presidente. A fronte di loro richieste, cosa posso fare?»
PM: «Decida lei. Conceda quello che le sembra accettabile, rifiuti ciò che le sembra inopportuno».

Caso 4

PM: «Senta, presidente Casellati: incontri chi ritiene di dover incontrare».
PC: «D’accordo, presidente. Devo fare in modo che Cinque Stelle e Centro Destra formino un governo?»
PM: «Veda lei. Per quanto mi riguarda, ci può essere anche un governo a guida Südtiroler Volkspartei. Decida lei, ha la mia fiducia. E conceda o meno quello che crede serva per portare a casa il risultato».

Le quattro situazioni possono essere riassunte in questa matrice.

La matrice della delega

Caso 1: Butta un occhio, in basso a sinistra. Il mandato che il presidente della Repubblica conferisce alla presidente del Senato è vago: «parli con chi riesce e senta che le dicono». Anche l’autonomia è ridotta: «si limiti ad ascoltare e torni da me».

Caso 2: Vai avanti tu, in alto a sinistra. Mandato chiaro: faccia in modo che formino un governo. Autonomia scarsa: non s’azzardi a prendere impegni, sono io quello che decide.

Caso 3: Daje!, in alto a destra. Il delegato – la delegata, in questo caso – si trova in posizione di forza. Il mandato è chiaro (gli faccia formare un governo) e anche l’autonomia è alta (decida lei cosa concedere e cosa no).

Caso 4: … Ma fa un po’ come ti pare… cioè in basso a destra. Il mandato è vago, e la presidente del Senato è nelle condizioni di decidere quale obiettivo perseguire nonché di usare le risorse che ritiene necessarie.

In contesto aziendale od organizzativo, la situazione è analoga. La delega è uno strumento formidabile, e ognuna delle quattro situazioni illustrate ha una sua applicazione. I primi due casi – Butta un occhio e Vai avanti tu –  hanno effettivamente il sapore di un ‘incarico esplorativo’, come quello che è stato assegnato alla presidente del Senato.

Il terzo – Daje! – è più orientato al raggiungimento del risultato. Il quarto – … Ma fa un po’ come ti pare… – è molto interessante in chiave formativa. Si tratta di mettere il delegato nelle condizioni di provare, di buttarsi in acqua. Eventualmente, anzi probabilmente, anche di sbagliare. Ma questo è un altro discorso, su cui si tornerà, in questo blog.

Per intanto, mi limito a dire che, stando alle cronache di queste ore – scrivo mentre sono le prime ore del pomeriggio del 19 aprile – l’esplorazione della presidente del Senato non sembra aver prodotto grandi risultati. Può darsi che, tra non molto, tocchi al presidente della Camera (però non so se lo scrivo, un altro post sulla seconda esplorazione).

 

 

 

 

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